Ecologia integrale, il grido della terra e dei poveri. L’intervento di Carlo Petrini al Sinodo per l’Amazzonia
«Caro Papa Francesco, grazie per avermi invitato a questa assise straordinaria. Partendo dal punto 47 dell’Instrumentum Laboris, vorrei parlare del valore del cibo come elemento relazionale.
Negli ultimi vent’anni, a livello internazionale, si è consolidato il concetto di sovranità alimentare, in forza del quale ogni popolo, ogni comunità ha il diritto di scegliere cosa coltivare, cosa mangiare e come garantire l’accesso al cibo nel rispetto delle regole degli ecosistemi.
La condivisione del cibo è in grado di costruire rapporti positivi, non solo con noi stessi, ma anche con gli altri esseri umani e soprattutto con la nostra Terra Madre. Per questo gioca un ruolo fondamentale nel percorso verso l’ecologia integrale. Il cibo, quando è buono, pulito e giusto ha una potenza straordinaria che può tutelare la biodiversità umana e naturale, favorire l’interazione e il meticciato, garantire una buona salute. Questo concetto e le pratiche che ne conseguono si realizzano grazie al lavoro delle persone più umili.
La condivisione del cibo è in grado di costruire rapporti positivi, non solo con noi stessi, ma anche con gli altri esseri umani e soprattutto con la nostra Terra Madre. Per questo gioca un ruolo fondamentale nel percorso verso l’ecologia integrale. Il cibo, quando è buono, pulito e giusto ha una potenza straordinaria che può tutelare la biodiversità umana e naturale, favorire l’interazione e il meticciato, garantire una buona salute. Questo concetto e le pratiche che ne conseguono si realizzano grazie al lavoro delle persone più umili.
Chi sono i principali protagonisti di questo lavoro, non solo in terra amazzonica ma in ogni parte del mondo? Prima fra tutte le donne. Nella vita di ciascuno di noi c’è una mamma o una nonna che attraverso l’educazione al consumo corretto del cibo ci ha trasmesso quella intelligenza affettiva che è alla base della nostra esistenza: l’intelligenza del cuore.
Che dire poi del lavoro ineguagliabile degli indigeni, spesso relegati alla figura secondaria di raccoglitori, meno riconosciuti rispetto all’opera degli agricoltori. E’ un errore enorme ritenere il ruolo della raccolta inferiore all’agricoltura. Quando la raccolta è intelligente e rispetta l’ambiente, sa tutelare il patrimonio forestale, salvaguardare la biodiversità e garantire frutti per le future generazioni. Una parte rilevante di biodiversità agroalimentare in amazzonia è ancora sconosciuta. Non si tratta solo di materie prime, ma anche e soprattutto del savoir faire delle popolazioni indigene. Va riconosciuto a loro il merito di aver difeso questo patrimonio, ovvero “il dono dei padri”.
E attenzione, bisogna far sì che non prenda piede un meccanismo simile a quello che si è verificato sul fronte medico, dove piante e principi attivi hanno fatto la ricchezza di multinazionali farmaceutiche, senza nulla restituire alle popolazioni. Che non avvenga lo stesso sul fronte alimentare! Perché un’umanità che cresce e che ha bisogno di cibo non può permettere che questo bene comune venga sfruttato da pochi e non messo liberamente a disposizione dei tanti. La minaccia dell’agro-industria, dell’accentramento di potere, delle monoculture e degli allevamenti intensivi, legata alla deforestazione, alla crisi climatica e all’aumento della forbice tra ricchi e poveri, va quindi combattuta con determinazione.
Viviamo tempi di grandi trasformazioni. La comunità mondiale pare insensibile dinanzi al disastro annunciato. La visione alta e innovativa della Laudato Si’, non è ancora stata pienamente compresa dal mondo laico e in misura rilevante anche dal mondo cattolico. Stiamo marciando allegramente verso il baratro. Se quando saremo sull’orlo di questo precipizio, l’homo sapiens sarà ancora tale, dovrà fermarsi e ritornare indietro. In quel momento coloro che avevamo collocato tra gli ultimi saranno alla testa. I vecchi, gli indigeni, le donne, i poveri, i giovani ci indicheranno la strada, avranno compassione di tutti noi. Vi esorto, cari fratelli e compagni di strada, a vivere questo momento – quando arriverà – con grande gioia. In fondo la compassione che ci renderà più liberi e più felici non sarà quella che sapremo giustamente elargire, ma quella che riceveremo con il buon esempio dagli ultimi. Faccio mia la massima di Agostino “Verba movent, exempla trahunt” (Le parole muovono all’azione, ma sono gli esempi a trascinare). Oggi abbiamo bisogno di grandi esempi: questo sinodo ne è chiara testimonianza».
da slowfood.it
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