"Faccio nuove tutte le cose": il documento finale del sinodo amazzonico



«Cristo indica l’Amazzonia». Con questa affermazione di san Paolo VI comincia il primo capitolo del documento finale, approvato ieri a larga maggioranza dai 181 presenti nell’Aula del Sinodo. (Qui puoi leggere il testo integrale originale in spagnolo)
Il testo è parte del «lungo cammino» inaugurato da papa Francesco a Puerto Maldonado, il 19 gennaio 2018. E proseguito con un attento processo di ascolto «del Popolo di Dio nella Chiesa d’Amazzonia», fino alle tre settimane di Assemblea che oggi si concludono con la Messa celebrata dal Pontefice. In tale articolata realtà, dunque, esso va inquadrato perché – proprio come accade nel bioma panamazzonico – anche in questo scritto, parole e frasi e paragrafi – in tutto 120 – sono intimamente concatenati l’uno all’altro.
“Connessione” è un concetto essenziale del documento. Connessione tra grido della terra e dei poveri, tra distruzione del Creato e sterminio della vita umana, tra annuncio della Buona Notizia di Gesù e testimonianza. La connessione si fa “alleanza” – parola cara ai nativi – quando si parla di Chiesa e popoli indigeni. Essa viene sancita in modo inequivocabile fin dalll’introduzione: «La richiesta, emersa nel processo preparatorio, che la Chiesa sia alleata del mondo amazzonico, è stata affermata con forza». La “navigazione” – per impiegare una metafora impiegata dai Padri sinodali – attraverso le 33 è pagine di testo si snoda intorno a quattro conversioni, come hanno sottolineato il cardinale Micheal Czerny e il vescovo David Martínez de Aguirre – a cui sono dedicati altrettanti capitoli, dopo uno di preparazione.
«Dio indica l’Amazzonia». Questa porzione di pianeta è un segno forte dei tempi. nei suoi 7,8 milioni di chilometri quadrati si concentrano le grandi sfide globali, dalla crisi socio-ambientale al dramma delle migrazioni forzate, alla convivenza tra culture e religioni differenti. Perciò, l’ascolto dell’Amazzonia «nello spirito proprio del discepolo e alla luce della Parola di Dio e della Tradizione, ciporta a una profonda conversione dei nostri schemi e strutture a Cristo e al suo Vangelo». Una conversione integrale, un’autentica metanoia, attraverso cui «la Chiesa – dice il punto 15 – ha l’opportunità storica di prendere le distanze dalle nuove potenze colonizzatrici» esercitando «in modo trasparente la sua attività profetica». Ad aprire la strada sono stati i tanti testimoni che hanno dedicato e, spesso, dato la vita per servire Dio nei popoli amazzonici.
La prima conversione (secondo capitolo, paragrafi 16-40) è quella pastorale, a cui tutti i battezzati sono chiamati per costruire una Chiesa missionaria e, dunque, samaritana, maddalena, mariana. Una Chiesa con volto e cuore indigeno, contadino, afrodiscendente e giovane: i paragrafi dal 30 al 33 cuciono insieme l’attuale Sinodo a quello precedente sui giovani, alla luce della Christus vivit.
La seconda conversione (terzo capitolo, paragrafi 41-64) è culturale: è un’apertura sincera all’altro, visto non come mezzo di cui servirsi bensì come fratello da cui si può imparare. In quest’ottica di fraternità, si sviluppa l’alleanza tra indigeni e Chiesa che si è esprime in una sempre maggiore inculturazione della fede nella carne dei popoli. Varie le proposte al riguardo: dalla creazione di una rete scolastica bilingue amazzonica sul modello di Fé y Alegría allo sviluppo dell’educazione interculturale.
La terza conversione – oggetto del successivo capitolo (paragrafi 65-85) – è ecologica. Il documento denuncia con coraggio lo scempio prodotto dall’estrattivismo. E, nel profilare nuovi cammini di sviluppo, «amichevoli» verso la casa comune, la Chiesa fa un’opzione chiara per la «difesa della vita, della terra e delle culture originarie amazzoniche» (paragrafo 78). In tale luce si comprende il «peccato ecologico» (punto 82): ogni azione o omissione contro Dio, il prossimo – presente e le future generazioni – e l’ambiente. Tra le proposte, spicca quella di un fondo mondiale per coprire parte dei bilanci delle comunità amazzoniche e la creazione di un osservatorio socio-ambientale pastorale che lavori in alleanza con i vari attori ecclesiali nel Continente – a partire dal Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) e con i rappresentanti delle etnie native.
Il testo si chiude con la conversione sinodale, (quinto capitolo, paragrafi 86-119), affinché «in tale orizzone di comunione e partecipazione cerchiamo i nuovi cammini ecclesiali, soprattutto, nella ministeralità e nella sacramentalità della Chiesa con volto amazzonico». Esso ribadisce l’urgenza di promuovere e conferire ministeri non ordinati a uomini e donne in modo paritario mentre al volto femminile della Chiesa amazzonica viene dedicata un’intera sezione dal titolo “la presenza e l’ora della donna”. Il ruolo straordinario dell’evangelizzazione al femminile viene riconosciuto con forza e si chiede la possibilità che anche le donne possa no accedere ai ministeri di lettorato, accolitato e di dirigente di comunità.
Infine, il paragrafo 103, si evidenzia che nel corso dell’Assemblea sono emerse voci a favore del diaconato femminile. A tal proposito si chiede di poter condividere esperienze e riflessioni con la Commissione di studio convocata dal Papa nel 2016. Se i punti precedenti sono stati approvati con pochissimi “non placet”(al massimo 17), qua si nota un maggior numero di dinieghi: 30. Quarantuno ne ha raccolto il paragrafo 111 che apre alla possibilità, «nelle zone più remote» di «ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti dalla comunità, che abbiano un diaconato permanente fecondo» «potendo avere una famiglia legittimamente costituita e stabile».
Un’ipotesi, comunque eccezionale, spiegata dalla necessità di garantire l’Eucaristia a comunità che sono costrette a privarsene per mesi se non anni. E esposta come ultima ratio accanto alla valorizzazione del diaconato permanente, alla promozione dele vocazioni e alla riaffermazione del dono del celibato sacerdotale. Il testo prospetta, in conclusione, la costituzione di un organismo episcopale permanente e rappresentativo che promuova la sinodalità nella Panamazzonia, in articolazione con il Celam e la Repam. A quest’ultimo affida, attraverso una commissione ad hoc, lo studio e eventuale elaborazione di un rito amazzonico «che esprima il patrimonio liturgico, teologico, disciplinare e spirituale amazzonico».

da avvenire.it

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